Psicologia e gioco d’azzardo: quando il gambler è spinto a giocare

slot azzardoIl gioco d’azzardo e la psicologia sono due facce della stessa medaglia. Per tenere incollati i giocatori allo schermo di un computer o ad una slot, i costruttori dei giochi devono rifarsi all’osservazione e allo studio dei caratteri. In un certo senso è come se le case produttrici di giochi “spingessero” le persone verso l’intrattenimento ludico, attraverso una serie di manipolazioni del comportamento.

A differenza di quanto crede chi gioca, lo scopo finale dei casinò non è quello di spingere a puntare grosse somme, bensì quello di costruire una base di giocatori che puntino poco, ma con costanza. Per poter ottenere ciò ci si è spinti a studiare le abitudini dei singoli individui, usando tecniche di ricerche e di studio comportamentale.

Il paradigma di Skinner

La scatola di Skinner è forse l’esempio più palese del connubio tra ludicità e psicologia. Burrhus Frederic Skinner è stato uno psicologo statunitense. Il suo esperimento più famoso, prende il nome di “scatola di Skinner”. Tramite esso è stato dimostrato come si possa spingere qualcuno a compiere un dato atto ripetutamente, sottoponendolo a continui stimoli e associando all’atto, una ricompensa finale.

L’esperimento è tanto semplice quanto geniale: un gatto viene messo dentro una gabbietta con pavimento elettrificato, ed una leva manipolabile. Tramite ripetute sessioni di apprendimento l’animale comprende che l’utilizzo della leva serve per ottenere piccole porzioni di cibo e, dunque, è portato a premerla per ottenere la sua ricompensa. Questo comportamento può anche essere manipolato. Ad esempio si può far comprendere all’animale che, solo quando sente un determinato suono, può spingere la leva e ottenere un premio. Questo esperimento prende il nome di condizionamento operante.

Nel gambling questo paradigma viene usato per tenere incollato il giocatore alla slot o allo schermo del computer. Il sistema delle piccole ricompense, ovvero , le vincite minori, spinge il giocatore a giocare con costanza, nella speranza che la “fortuna” continui a girare o che la vincita diventi più consistente.

In pratica è la ricompensa che spinge il giocatore a giocare e non quest’ultimo che decide di giocare per avere la ricompensa.

Sistemi di tracciamento

Il sistema di tracciamento è il secondo metodo per tenere incollati i giocatori alle slot. La svolta, da questo punto di vista, l’ha data i Harrah’s, famiglia che gestisce una nota catena di casinò a Las Vegas.
Tra il 1985 e il 1990 è stato messo a punto un sistema in grado di immagazzinare tutte le informazioni sullo stile di gioco, di ogni singola persona. In pratica, è come se il giocatore venisse spiato in ogni sua singola mossa. In questo modo è possibile capire quanto tempo passa di fronte alla macchinetta, qual è il suo massimale di puntata, quali sono i suoi giochi preferiti, oltre che le sue aspettative in termini di vincita. Tutte queste informazioni servono a dare al giocatore ciò che chiede e a non fargli rendere conto che, in realtà, è il sistema che lo controlla attraverso un meccanismo di piccole ricompense e non lui che sbanca il casinò.

Nel 2012, il documentario “This American Life” ha tracciato e descritto come questi sistemi servano per creare dipendenza. Una signora è stata spinta a giocare alle slot con continue ricompense di viaggi gratuiti o suite d’albergo e gioielli. Alla fine, la sua dipendenza al gioco l’ha spinta ad accumulare fino a 125.000€ di debito.

Il sistema di ricompense è, quindi, come una droga che, data a piccole dosi, gli causa assuefazione, in alcuni casi, con effetti devastanti.

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